Festa della liberazione e di San Marco

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Pagina pubblicata in data 25 aprile 2021
Aggiornata il 22 agosto 2022

Il 25 aprile è l'anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo. Con la liberazione delle grandi città del Nord e la resa dei tedeschi in Italia, la primavera del 1945 segnò la fine del nazifascismo nel nostro Paese. La data del 25 aprile, giorno della liberazione di Milano, fu scelta in seguito come anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo. Protagonisti di quella svolta furono le formazioni partigiane, le truppe alleate che nel 1943-44 erano sbarcate nel Centro-Sud, ma anche militari della Repubblica sociale schierati con Mussolini e tanti civili. Tutti coinvolti nelle ultime fasi del conflitto, nelle quali si intrecciarono eroismi e rappresaglie, paure e speranze. Il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia ordina l’insurrezione generale di tutti i gruppi combattenti. A Milano arrivano, in una città in sciopero, i partigiani di tutte le zone circostanti. Il 30 aprile le truppe alleate entrano in una città ormai liberata. In Germania, nel frattempo, l’esercito russo e quello americano si congiungono sulle rive dell’Elba. Il 25 aprile è il giorno in cui ogni anno in Italia si celebra la festa della Liberazione dal nazifascismo, avvenuta nel 1945. L’occupazione tedesca e fascista in Italia non terminò in un solo giorno, ma si considera il 25 aprile come data simbolo perché nel 1945 coincise con l’inizio della ritirata da parte dei soldati della Germania nazista e di quelli fascisti della repubblica di Salò dalle città di Torino e di Milano, dopo che la popolazione si era ribellata e i partigiani avevano organizzato un piano coordinato per riprendere il controllo delle città. La decisione di scegliere il 25 aprile come “festa della Liberazione” (o come “anniversario della Liberazione d’Italia”) fu presa il 22 aprile del 1946, quando il governo italiano provvisorio – il primo guidato da Alcide De Gasperi e l’ultimo del Regno d’Italia – stabilì con un decreto che il 25 aprile dovesse essere “festa nazionale”. La data fu fissata in modo definitivo con la legge n. 269 del maggio 1949, presentata da De Gasperi in Senato nel settembre 1948. Da allora, il 25 aprile è un giorno festivo, come le domeniche, il primo maggio, il giorno di Natale e la festa della Repubblica, che ricorre il 2 giugno. La guerra in Italia non finì il 25 aprile 1945, comunque: continuò ancora per qualche giorno, fino agli inizi di maggio. Anche altri paesi europei ricordano la fine dell’occupazione straniera durante la Seconda guerra mondiale, ma in date diverse: Paesi Bassi e Danimarca la festeggiano il 5 maggio, la Norvegia l’8 maggio, la Romania il 23 agosto. Anche in Etiopia si festeggia il 5 maggio la festa della Liberazione, ma in quel caso per ricordare la fine dell’occupazione italiana, avvenuta nel 1941. Quello che accadde prima del 25 aprile Nei primi mesi del 1945 c’erano diverse decine di migliaia di persone, per lo più partigiani, che combattevano contro l’occupazione tedesca e la repubblica di Salò nell’Italia settentrionale, con una discreta organizzazione dal punto di vista militare. A sud della Pianura padana nel marzo del 1945 c’erano molti soldati occupanti che cercavano di resistere all’offensiva finale degli Alleati, che si intensificò a partire dal 9 aprile (in una zona a est di Bologna) lungo un fronte più o meno parallelo alla via Emilia. L’offensiva fu da subito un successo, sia per la superiorità di uomini e mezzi degli attaccanti che per il generale sentimento di sfiducia e inevitabilità nella sconfitta che si era diffuso tra i soldati tedeschi e i repubblichini, nonostante le volontà delle massime autorità tedesche e fasciste di continuare la guerra fino all’ultimo. Il 10 aprile il Partito Comunista diffuse a tutte le organizzazioni locali con cui era in contatto la “Direttiva n. 16”, in cui si diceva che era giunta l’ora di «scatenare l’attacco definitivo»; sei giorni dopo il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, di cui facevano parte tutti i movimenti antifascisti e di resistenza italiani, dai comunisti ai socialisti ai democristiani e agli azionisti, cioè i membri del Partito d’Azione) emanò simili istruzioni di insurrezione generale. I partigiani organizzarono e avviarono attacchi verso i centri urbani. Bologna, ad esempio, fu attaccata dai partigiani il 19 aprile e definitivamente liberata con l’aiuto degli alleati il 21. Il 24 aprile 1945 gli alleati superarono il Po, e il 25 aprile i soldati tedeschi e della repubblica di Salò cominciarono a ritirarsi da Milano e da Torino. A Milano, a partire dalla mattina del giorno precedente, era stato proclamato uno sciopero generale, annunciato alla radio “Milano Libera” da Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica, allora partigiano e membro del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN). Le fabbriche furono occupate e presidiate e la tipografia del Corriere della Sera fu usata per stampare i primi fogli che annunciavano la vittoria. La sera del 25 aprile Benito Mussolini abbandonò Milano per andare verso Como (sarebbe stato poi catturato dai partigiani due giorni dopo e ucciso il 28 aprile). I partigiani continuarono ad arrivare a Milano nei giorni tra il 25 e il 28, sconfiggendo le residue e limitate resistenze. Una grande manifestazione di celebrazione della liberazione si tenne a Milano il 28 aprile. Gli americani arrivarono nella città il primo maggio. Le prime pagine dei quotidiani il 25 aprile 1945 I giornali italiani celebrarono il 25 aprile 1945 come un giorno importante nella guerra: non solo l’Unità e Il Popolo, giornali ufficiali del Partito Comunista e della Democrazia Cristiana che si stampavano nelle parti d’Italia già liberate da tempo, ma anche il Corriere della Sera, che durante il ventennio fascista era stato vicino al regime. Il 26 aprile il Corriere uscì con una sorta di “numero unico” con la testata Il Nuovo Corriere: direttore dell’edizione fu Mario Borsa, un giornalista antifascista a cui il CLN affidò temporaneamente la direzione del giornale. Solo i titoli di prima pagina della Stampa del 26 aprile ignorarono completamente i combattimenti nell’Italia settentrionale: parlavano invece della “fanatica resistenza” dei soldati tedeschi in Germania, che ormai controllavano solo qualche quartiere di Berlino. enezia, 25 aprile 2021 – La Festa di San Marco è una ricorrenza che da anni accompagna la storia di Venezia e che celebra il Santo patrono della città diventato il simbolo di Venezia e della sua immagine nel mondo. In passato, però, quella del 25 aprile era solo una delle feste veneziane dedicate all’Evangelista. La festa di San Marco, infatti, a Venezia, veniva celebrata originariamente tre volte l’anno. La prima ricorrenza cadeva il giorno della cosiddetta traslatio, la traslazione del corpo del santo a Venezia, cioè il 31 gennaio. Fu proprio in questa giornata dell’828, infatti, che secondo la tradizione popolare, il corpo del santo fu trafugato da Alessandria D’Egitto e portato alla città lagunare, nascosto tra frutta e carne di maiale, impura per i musulmani, in una nave diretta a Venezia da due mercanti veneziani Rustico da Torcello e Bono o Tribuno da Malamocco, con l’aiuto di un servo di nome Basilio. La seconda festa cittadina dedicata a S. Marco cadeva, invece, nella giornata del 25 giugno, in memoria del ritrovamento delle reliquie del Santo, la cosiddetta inventio (ritrovamento), che, la tradizione orale testimonia avvenuta nel 1094 durante la celebrazione della messa per la consacrazione della basilica eretta in onore del Santo, con l’aneddoto della loro comparsa all’interno di una colonna. L’unica celebrazione, però, giunta fino ai nostri giorni è quella del 25 aprile, la più recente e istituita solo dopo l’ascesa al potere della Repubblica di Venezia. La Serenissima, infatti, ritenendosi debitrice nei confronti del Santo, volle consacrare la sua riconoscenza con una celebrazione ancora più solenne stipulata il giorno del 25 aprile in concomitanza della data della sua morte e martirio, il cosiddetto dies natalis. Ed è così che da tre feste di San Marco ne resta solo una ed è quella che ancora oggi continuiamo a celebrare. LA LEGGENDA DELLE RELIQUIE DI SAN MARCO Il primo Santo patrono di Venezia non era Marco ma Teodoro, il Santo bizantino, chiamato Tòdaro dai veneziani, al quale era dedicata una cappella palatina edificata nella piazzetta dei Leoncini, a Nord della basilica attuale. Tutto cambiò nel momento in cui le reliquie di San Marco arrivarono a Venezia dopo essere state trafugate dalla tomba del Santo ad Alessandria d’Egitto dai mercanti veneziani Rustico da Torcello e Bono o Tribuno da Malamocco insieme al servo Basilio. Era il 31 gennaio dell’828. Grazie allo stratagemma di nascondere le spoglie tra frutta e carne di maiale, e facendo, così, leva sulle credenze musulmane legate all’impurità di questa carne, le reliquie del Santo passarono al vaglio senza troppi problemi e arrivarono a Venezia. Giunte in città non trascorse molto tempo prima che il Doge fece costruire, nell’828, la prima chiesa dedicata all’Evangelista che andò a sostituire l’esistente cappella in onore del Santo bizantino Teodoro. La prima versione della basilica di San Marco, però, venne sostituita poco dopo, esattamente nell’832 da una nuova chiesa a sua volta ricostruita nel 978 da Pietro I Orseolo dopo essere stata distrutta da un incendio durante una rivolta del 976. La versione della basilica che conosciamo oggi risale a un’ulteriore ricostruzione del 1063 voluta da Domenico I Contarini che commissionò i lavori per la basilica attuale, continuati poi da Domenico Selvo e Vitale Falier, ricalcando le dimensioni e la struttura delle precedenti costruzioni i cui resti furono trasformati nella cripta. La nuova basilica venne consacrata in onore di San Marco nel 1094 dopo tre giorni di preghiere, penitenze e digiuni stabiliti dal doge Vitale Falier per augurare il ritrovamento delle reliquie dell’Evangelista, purtroppo scomparse. Era il 25 giugno e, durante la messa di consacrazione della basilica, celebrata dal Vescovo, secondo la leggenda, il marmo di una colonna calloprecia (costruita da più pietre) della navata destra della basilica, una delle poche rimaste dell’antica chiesa, si spezzò a lato dell’ambone e al suo interno comparvero miracolosamente le reliquie del Santo conservate in una cassetta mentre un profumo dolcissimo si sparse all’interno di tutta la basilica. Questo miracoloso evento, chiamato inventio (ritrovamento) e accaduto nel giorno del 25 giugno diventò la festa dell’apparizione delle reliquie nel calendario liturgico del Patriarcato di Venezia, nonché uno dei tre giorni dell’anno in cui la città festeggiava San Marco. Questa celebrazione fu poi abolita in favore di quella del 25 aprile (data del martirio del Santo) vigente ancora oggi. Le spoglie dell’Evangelista furono ispezionate il 6 maggio 1811 e il 26 agosto 1835 il patriarca Jacopo Monico le fece esumare e trasferire dalla cripta della basilica, rischiosa in quanto predisposta all’allagamento con l’acqua alta. Un frammento delle reliquie è conservato nella chiesa dedicata al Santo Evangelista nella città di Cortona in Toscana che, così come Venezia, è caratterizzata dallo stemma del leone alato, simbolo di San Marco. Anche nella cattedrale di San Marco del Cairo, in Egitto, sono conservate alcune reliquie portate dalla basilica di San Marco di Venezia. SAN MARCO E LA SIMBOLOGIA DEL LEONE ALATO Il legame tra Venezia e San Marco è testimoniato non solo dalle leggende popolari, come quella appena menzionata sulle reliquie del Santo e il loro arrivo in città, ma anche dalla stessa iconografia dell’Evangelista, cioè quella del leone alato con un libro che riporta la scritta in latino: Pax tibi Marce evangelista meus, diventato, poi, icona della Repubblica di Venezia. Stemma della Serenissima, ed elemento decorativo elevato in ogni luogo dominato dalla potenza veneziana, l’immagine del leone di San Marco affonda le radici del suo legame con Venezia in un’antichissima leggenda secondo cui Marco, mentre navigava verso Alessandria D’Egitto, si imbatté in una tempesta e cercò riparo in una capanna di pescatori nei pressi di Venezia, vicino a Rialto. Addormentatosi gli apparve in sogno un angelo, rappresentato da un leone alato, che esclamò che in questa terra, un giorno, avrebbe trovato riposo. L’annuncio avvenne mediante la seguente frase in latino: Pax tibi Marce Evangelista meus, hic requiescet corpus tuum, cioè “Pace a te, Marco, mio evangelista. Qui riposerà il tuo corpo”. Il mattino seguente, Marco, raccontò il sogno ai pescatori veneziani e poi salpò continuando il suo viaggio verso l’Egitto con il fine di convertire i non fedeli e fondare una sede cristiana proprio in quel luogo dove, invece, venne ucciso. L’identificazione iconografica del Santo con l’animale del leone è, inoltre, testimoniata in un versetto di San Giovanni nell’Apocalisse, ultimo libro del Nuovo Testamento dove l’Evangelista viene descritto come “creatura simile a un leone”. Simbolo della città di Venezia e della sua Repubblica, il leone di San Marco ha un’iconografia composta da alcuni elementi fissi rappresentati in diverse combinazioni: le ali, l’aureola sul capo e un libro. In alcune versioni del leone, come quella rampante (con il leone di profilo, sorretto sulle zampe posteriori che regge, con quelle anteriori il libro e una spada) è presente anche una spada. Il leone, oltre a essere il simbolo di San Marco è anche immagine della forza e della potenza della Serenissima; l’aureola sta a indicare, invece, la devozione e la santità, mentre le ali indicano l’elevazione spirituale. Il libro mette insieme i concetti di cultura e pace mentre la spada, qualora presente, va ad assume il significato di forza e giustizia (ricorrente nelle raffigurazioni di questa virtù cardinale). Potente, saggia, forte, giusta, devota, spirituale, è così che Venezia amava descriversi ed è così che viene rappresentata nella sua immagine, ormai nota in tutto il mondo, del leone di San Marco. La Repubblica di Venezia inizia a usare l’immagine del leone alato nei suoi stendardi nei primi anni del XIV secolo. Prima l’immagine della Serenissima era rappresentata da quella dello stesso San Marco. Un’altra caratteristica emersa nella raffigurazione del leone marciano e risalente al XV secolo è quella del posizionamento delle zampe anteriori del leone sulla terraferma, per ostentare il dominio del cosiddetto “stato da terra” e di quelle posteriori nell’acqua, come simbolo dello “stato da mar” e del dominio della Serenissima sull’acqua. LA STORIA DELL’ANELLO DEL TESORO DI SAN MARCO Tra le diverse tradizioni popolari legate alla figura di San Marco e al suo legame con la città di Venezia c’è quella legata all’anello conservato ancora oggi nel Tesoro di San Marco all’interno della Basilica. Tutto ebbe origine da una mareggiata. Il 15 febbraio 1340, infatti, una forte burrasca minacciò di sommergere la città e la ricoprì di acqua crescendo di tre cubiti più che mai fosse cresciuta in Venezia, come riportano le cronache di allora. Secondo la leggenda, la città venne salvata grazie all’intervento miracoloso di San Marco insieme agli altri Santi Nicolò e Giorgio. Fu proprio nel bel mezzo della mareggiata che un pescatore che si stava riparando insieme alla sua barca proprio nei pressi di Piazza San Marco, vicino al ponte della Paglia venne avvicinato da un cavaliere che gli chiese di traghettarlo verso l’isola di San Giorgio Maggiore per imbarcare poi un secondo cavaliere. Nel percorso ci fu un’altra sosta a San Nicolò, al Lido di Venezia, dove salì in barca un terzo cavaliere. Una volta raggiunto il mare aperto, la barca con i cavalieri e il pescatore avvistò una nave colma di personaggi demoniaci che si dirigeva verso Venezia con l’intento di distruggere la città ma i tre cavalieri, che altro non erano che le rappresentazioni carnali di San Marco, San Giorgio e San Nicolò, sconfissero i demoni e salvarono la città dalla rovina. A questo punto, San Marco, si tolse l’anello dalla sua mano dicendo al pescatore di consegnarlo al Doge e fu così che Bartolomeo Gradenigo ricevette l’anello che fa ancora parte oggi del cosiddetto Tesoro di San Marco conservato con cura all’interno della basilica a lui dedicata.

Dott. Francesco Russo

Articolo tratto dal sito www.brioweb.eu
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